Giuseppe Gioeni

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Giuseppe Gioeni
Nobile dei Duchi d’Angiò
NascitaCatania, 12 maggio 1747
MorteCatania, 6 dicembre 1822
PadreFrancesco Agatino Gioeni e Gioeni
MadreAgata Buglio Asmundo dei duchi di Casalmonaco
ConsorteGaetana Rizzari Paternò Castello dei duchi Tremestieri
Marianna Celestri Oneto dei marchesi di Santa Croce

Giuseppe Gioeni d'Angiò (Catania, 12 maggio 1743Catania, 6 dicembre 1822) è stato un nobile, naturalista e vulcanologo italiano.

Giuseppe Gioeni dei duchi d’Angiò nacque nel proprio palazzo in Catania da Francesco Agatino Gioeni e Agata Buglio Asmundo dei duchi di Casalmonaco[1], il 12 maggio 1747 ed ivi morì il 6 dicembre 1822[2]. Primogenito di tre fratelli (la sorella Concetta divenne monaca benedettina ed il fratello Girolamo abbracciò la carriera ecclesiastica nel 1769), ebbe come primi precettori il sacerdote Alessandro Bandiera, per le lettere, e il professor Lionardo Gambino, per le matematiche. Morta prematuramente la madre nel 1750, il padre Francesco – che fu, tra l’altro, segretario dell’Accademia dei Gioviali e governatore della Compagnia dei Bianchi – sposò in seconde nozze, nel 1752, Carmela Tedeschi Arezzo di Modica con cui ebbe altri undici figli. Giuseppe sposò, invece, Gaetana Rizzari Paternò Castello dei duchi di Tremestieri[3], presumibilmente intorno agli anni 1772-73, con la quale generò sette figli, sei femmine (Isabella Maria, Maria Agata, Nellina, Benedetta, Carmela, e Concetta) ed un solo maschio, Pasquale (1782-1834). Nel 1799, in Palermo, sposò in seconde nozze la marchesa Marianna Celestri Oneto di Santa Croce.

Scultura bronzea-lapide commemorativa dedicata alla memoria di Giuseppe Gioeni (1841) sita sulla facciata di Palazzo Gioeni d'Angiò a Catania

Iniziò ad interessarsi di vulcanologia dopo la lettura degli studi[4] condotti sui Campi Flegrei da Sir William Hamilton, ambasciatore inglese presso i Regni di Napoli e Sicilia. Nel contempo, ormai trentenne, inizia a costituire un museo mineralogico e naturalistico al primo piano del suo palazzo, ad imitazione di quello esistente nel palazzo del principe di Biscari, Ignazio Paternò Castello.

Nel 1779, fece dono alla Deputazione degli Studii di una collezione di conchiglie, fossili, gessi, cristalli, di pregio secondario, contenuta in quattro casse vetrate "per facilitare il cominciamento di un Gabinetto di Storia naturale nell'Università". Nel 1780, Gioeni si laureò in filosofia e, dal viceré principe Colonna di Sonnino, fu nominato professore della neonata cattedra di Storia naturale e Botanica.

Il Gioeni, comunque, compieva frequenti viaggi all'estero, soprattutto a Napoli, dove nel 1788 fu nominato maggiordomo e gentiluomo di camera del Re nonché precettore del principe Gennaro Carlo di Borbone (1780-1789); in questi periodi egli era sostituito nell'insegnamento della Storia naturale a Catania dal suo fratellastro ventenne Ferdinando, frate benedettino, ed ancora dall'alto fratellastro abate Salvatore. Fin dal 1783, per meglio provvedere al compimento del suo museo privato, Gioeni aveva richiesto al governo borbonico un sovvenzionamento che il Re aveva accordato in parola, con l'impegno di acquistare successivamente il museo per collocarlo a Napoli o a Palermo, informandone il viceré, principe d'Aquino di Caramanico, ed avallando un'anticipazione delle spese su fondi pubblici pari a 8.000 onze. Gioeni fu, infatti, eletto tesoriere a vita ("cavaliere della chiave d'oro") del Senato di Catania nel 1790, con la possibilità di disporre di somme in anticipazione per l'ampliamento del museo e per la pubblicazione di una storia mineralogica dell'Etna, in tre volumi in folio, ricca di immagini, dedicata a Ferdinando III. L'opera non verrà mai realizzata e il manoscritto disperso; in compenso il cavaliere, ormai vulcanologo, portò invece a compimento la sua opera più famosa, Saggio di Litologia vesuviana (Napoli 1790), dedicata alla regina Maria Carolina, venne tradotta successivamente in inglese, francese e tedesco. Grazie alla risonanza internazionale del suo lavoro fu nominato membro delle Accademie scientifiche di Berlino, Torino e Gottinga.

Dopo i disordini napoleonici, e il ritorno dei reali a Napoli, nel 1803 Luigi de' Medici di Ottajano fu nominato Presidente del Consiglio delle finanze reali, mentre cadeva in disgrazia il suo antagonista ministro Acton, protettore di Gioeni. Ferdinando III a questo punto rifiutò di acquistare la raccolta di Gioeni; a quest'ultimo dal Medici e dal Tribunale del Real Patrimonio fu contestata ed addebitata una somma pari a 12.000 onze. Il 28 marzo 1801 era stato istituito, infatti, a Napoli un Real Museo mineralogico, dipendente dal Consiglio delle finanze, dove erano confluiti reperti raccolti in campagne mineralogiche in tutta Europa ed in Islanda da Matteo Tondi e Carmine Antonio Lippi. Il sovrano concesse a Gioeni di poter vendere entro sei mesi la collezione per ripagare il debito contratto; quest'ultimo comincio quindi a viaggiare per risolvere il problema che si era venuto a creare, recandosi prima a Roma dove, come suddito borbonico, dovette sfuggire ai Francesi, poi a Firenze, a Trieste, persino in Germania. Si spostò quindi nell'isola di Malta, da poco in mano agli Inglesi, chiedendo aiuto ai Cavalieri gerosolimitani e contravvenendo così agli ordini di Re Ferdinando che fu costretto a esiliarlo. Dichiarato decaduto dall'insegnamento da parte della Deputazione degli Studi di Catania perché assentatosi senza sovrano permesso, le lezioni di Storia naturale furono tenute dal novembre successivo, e per nove anni consecutivi, dall'interino Girolamo Recupero Zappalà. Ritornato in patria nel 1811, Gioeni fu però arrestato appena giunto a Messina e rinchiuso per tre anni nel carcere della città di Termini finché, nel 1814, venne giudicato innocente e poté far ritorno a Catania.

Rientrato nella città natale, tentò di riprendere possesso della Cattedra, senza successo. Nel 1820 Giuseppe Gioeni d'Angiò, colpito da un aneurisma aortico, trascorse inabile ed ammalato gli ultimi mesi della sua vita; nomino erede universale dei suoi beni nipote Giuseppe (1802-1856), figlio di Pasquale, che otto mesi dopo la morte del nonno sposerà Anna Trigona di Canicarao (1801-1880). L'inventario e la stima degli oggetti, del mobilio e dei cinque armadi della biblioteca, pieni di oltre seicento volumi, del suo museo nella seconda sala del quale troneggiava la scritta Museum Siculum ab anno MDCCLXXIX, furono redatti dal canonico Giuseppe Alessi, dal professor Carlo Gagliani e dal dottor Carlo Gemmellaro. Il valore della collezione mineralogica, tra cui la famosa stanza delle ambre, fu stimata in 12.000 ducati.

Massone, fu membro della loggia dell'Ardore di Catania [5].

In suo onore, nel 1824, venne fondata a Catania l'Accademia Gioenia di Scienze Naturali, un'istituzione ancor oggi attiva.

Opere principali

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  • Relazione d'una nuova pioggia…, "Philosophical Transactions", 1782.
  • Descrizione di una nuova famiglia e di un nuovo genere di testacei trovati nel litorale di Catania, Napoli, s.n.t., 1783.
  • Relazione della eruzione dell'Etna nel mese di Luglio 1787…, Catania per Francesco Pastore, 1787.
  • Saggio di litologia vesuviana, Napoli, Stamperia Simoniana, 1790.
  • Saggio di etimologie siciliane, Palermo, Tip. dello Statuto, 1885 (postumo).
  1. ^ Relazione del Presidenre dell’Accademia Gioenia (PDF), su gioenia.unict.it.
  2. ^ Giuseppe Bozzo, Le lodi dei più illustri siciliani trapassati ne' primi 45 anni del secolo 19, vol. 2, Palermo, Tipografia e legatoria Clamis e Robert, 1852, pp. 101-143.
  3. ^ Giuseppe Alessi, Elogio del cav. Giuseppe Gioeni, recitato dal can. Giuseppe Alessi, nella Gran Sala dell'Università di Catania il 12 maggio 1823, Palermo, 1824.
  4. ^ Campi Phlegraei, Obsevations on the volcanoes of the two Sicilies as they have been communicated to the Royal Society of London, Napoli, 1776
  5. ^ Carlo Francovich, Storia della Massoneria in Italia, i Liberi Muratori italiani dalle origini alla Rivoluzione francese, Milano, 2013, Edizioni Ghibli, p. 413.
  • Mario Alberghina, L'Accademia Gioenia: 180 anni di cultura scientifica (1824-2004) Protagonisti, luoghi e vicende di un circolo di dotti, Giuseppe Maimone Editore, 2005, ISBN 88-7751-250-4.
  • Sebastiano Crinò, L'opera del Gioeni giudicata attraverso le lettere degli scienziati del tempo, Catania, 1914, pp. 337-363.
  • Francesco de Spucches San Martino, La Storia dei Feudi, Palermo, 1924-1941.
  • Alfred Lacroix, Déodat Dolomieu, membre de l'Institut national (1750-1801): sa correspondance, sa vie aventureuse, sa captivité, ses oeuvres, 2 voll., Paris, Perrin et Compagnie, 1921.
  • Carmelo Maravigna, Biografia siciliana, n. 4, Catania, Giornale del Gabinetto letterario dell'Accademia Gioenia, 1834, pp. 242-267.
  • Domenico Scinà, Prospetto della Storia letteraria di Sicilia nel secolo XVIII, vol. III, Palermo, 1827, pp. 83-94.
  • Luigi Scuderi, Le biografie degli uomini illustri catanesi del secolo XVIII, Catania, 1881.
  • Giuseppina Buccieri, GIOENI, Giuseppe, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 55, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2001.
  • Archivio di Stato di Catania.
  • Archivio privato Gioeni, carp. 6-12.
  • Archivio storico Università di Catania, vol. 47, 108, 114, 116, 123, 125, 152, 159, 169, 212, 250, 265, 392, 416, 424, 426, 564.
  • Lettere al cav. Gioeni, Fondo ventimiliano, manoscritti n° 61 (183 lettere); Fondo Università, manoscritti 3/45 (20 lettere raccolte da don Salvatore Gioeni), Biblioteca regionale universitaria di Catania.

Collegamenti esterni

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  • Gioèni, Giuseppe, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata
  • Achille Russo, GIOENI, Giuseppe, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1933. Modifica su Wikidata
  • Giuseppe Gioeni, su accademiadellescienze.it, Accademia delle Scienze di Torino. Modifica su Wikidata
  • (EN) Opere di Giuseppe Gioeni / Giuseppe Gioeni (altra versione), su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata
  • Ruggiero di Castiglione, La Massoneria nelle due Sicilie e i "fratelli" meridionali del '700, Roma, Gangemi Editore, 2011, pagg. 125-27.
  • Saggio di etimologie siciliane, diviso in varie parti:
    Archivio storico siciliano, pubblicazione periodica della Società siciliana per la storia patria, nuova serie-anno XI, fascicolo 2, Palermo, Tipografia dello "statuto", 1887, pagg. 49 sgg.;
    Archivio storico siciliano, pubblicazione periodica della Società siciliana per la storia patria, nuova serie-anno XII, fascicolo 1, Palermo, Tipografia dello "statuto", 1887, pagg. 81 sgg.;
    Archivio storico siciliano, pubblicazione periodica della Società siciliana per la storia patria, nuova serie-anno XII, fascicoli 2-3, Palermo, Tipografia dello "statuto", 1887, pagg. 97 sgg.;
    Archivio storico siciliano, pubblicazione periodica della Società siciliana per la storia patria, nuova serie-anno XII, fascicolo 4, Palermo, Tipografia dello "statuto", 1887, pagg. 145 sgg.;
    Archivio storico siciliano, pubblicazione periodica della Società siciliana per la storia patria, nuova serie-anno XIII, fascicolo 1, Palermo, Tipografia dello "statuto", 1888, pagg. 177 sgg.;
    Archivio storico siciliano, pubblicazione periodica della Società siciliana per la storia patria, nuova serie-anno XIII, fascicoli 2-3, Palermo, Tipografia dello "statuto", 1888, pagg. 209 sgg.;
    Archivio storico siciliano, pubblicazione periodica della Società siciliana per la storia patria, nuova serie-anno XIII, fascicolo 4, Palermo, Tipografia dello "statuto", 1888, pagg. 273 sgg.
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