Inventio Fortunata

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Inventio Fortunata (nota anche come Inventio Fortunate, Inventio Fortunat o Inventio Fortunatae), «Scoperta fortunata» o «che porta fortuna», è un'opera perduta, risalente probabilmente al XIV secolo, nella quale il polo nord viene descritto come un'isola magnetica (la Rupes Nigra) circondata da un gigantesco vortice e da quattro continenti. Anche se non sono mai stati scoperti frammenti diretti del documento, la sua influenza sulla percezione occidentale della geografia dell'Artico persistette per diversi secoli.

La storia dell'Inventio[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la tradizione il libro sarebbe stato un racconto di viaggi scritto da un frate francescano (minore) del XIV secolo originario di Oxford, che viaggiò nella regione dell'Atlantico settentrionale agli inizi degli anni '60 del XIV secolo, effettuando una mezza dozzina di viaggi per condurre affari o per conto del re d'Inghilterra (Edoardo III). Egli descrisse ciò che trovò sulle isole al di là dei 54 gradi nord, visitate nel corso del suo primo viaggio, in un libro, Inventio Fortunata, che presentò al re.

Sfortunatamente, quando negli anni '90 del XV secolo gli esploratori dell'Atlantico andavano in cerca di informazioni prima di compiere i loro viaggi, l'Inventio era già andata perduta, ed era nota solamente attraverso un riassunto presente in un altro testo, l'Itinerarium, scritto da un viaggiatore brabantino originario di 's-Hertogenbosch di nome Jacobus Cnoyen (noto anche come James Cnoyen o Jakob van Knoyen o Knox). Come verrà discusso in seguito, il riassunto di Cnoyen è stato la base per la raffigurazione della regione artica su molte mappe, di cui una delle prime fu il globo di Martin Behaim del 1492. A partire dalla fine del XVI secolo, perfino il testo di Cnoyen andò perduto, quindi la maggior parte di quel che sappiamo del contenuto dell'Inventio Fortunata, a parte il suo uso sulle mappe, si trova in una lettera inviata dal cartografo fiammingo Gerardo Mercatore all'astronomo inglese John Dee datata 20 aprile 1577, attualmente conservata al British Museum[1].

Cnoyen entrò in possesso di tali informazioni in maniera molto indiretta. Nel 1364, un prete proveniente da una delle isole dell'Atlantico fece ritorno in Norvegia, portando con sé un astrolabio che aveva ricevuto dal frate francescano in visita, in cambio di un libro religioso. Egli fece un rapporto dettagliato al re di Norvegia. Sono giunti fino a noi dei documenti riguardanti la descrizione socio-geografica della Groenlandia fatta da un funzionario della chiesa locale chiamato Ivar Bardarson, che compare nei registri norvegesi nel 1364, quindi questa parte del racconto di Cnoyen si adatta bene alla realtà (sebbene questo rapporto non contenga il tipo di informazioni riportate da Cnoyen). Cnoyen sembra aver ottenuto le sue informazioni da fonti norvegesi qualche tempo dopo: né lui né il prete hanno effettivamente visto l'Inventio.

Il racconto di Cnoyen (originariamente nella sua lingua natia; le traduzioni qui trascritte sono basate sulla versione di Eva Taylor[1]) mescola probabili fatti con quelli che potrebbero essere stati i suoi tentativi di esaminare il contesto, sostenendo per esempio che la Groenlandia venne colonizzata per la prima volta per ordine di re Artù, il cui esercito avrebbe presumibilmente conquistato le isole dell'Atlantico settentrionale. Egli parla anche di «mari aspiranti», correnti che risucchiavano le navi verso nord, in modo che:

«quasi 4000 persone sono entrate nei mari aspiranti senza fare più ritorno. Ma nel 1364 d.C. otto di queste persone si sono recate alla corte del re di Norvegia. Tra loro vi erano due preti, uno dei quali aveva un astrolabio ed era il quinto discendente di un cittadino di Bruxelles. Ma non era il solo: tutti ed otto erano discendenti di uomini penetrati nelle regioni settentrionali con le prime navi.»

Del francescano giunto fin là, Cnoyen (o Mercatore) riassunse così la relazione fatta dal prete:

«Lasciando il resto del gruppo che era giunto sulle isole, si spinse oltre, attraversando tutto il nord [...], e si mise a scrivere tutte le meraviglie di quelle isole, e diede al re d'Inghilterra questo libro, che chiamò in latino Inventio Fortunatae

In realtà, il «libro» potrebbe essere stato un rapporto dettagliato, inteso principalmente a mettere in evidenza le possibilità commerciali offerte dall'Atlantico settentrionale in seguito al calo dell'interesse norvegese per le sue colonie.

Paternità dell'opera[modifica | modifica wikitesto]

Un contemporaneo di Mercatore, lo storico inglese del XVI secolo Richard Hakluyt, identifica l'autore dell'Inventio in Nicola di Lynn. Apparentemente Hakluyt giunse a questa conclusione a causa di una citazione che Geoffrey Chaucer fece di Nicola nel suo Trattato sull'astrolabio. Hakluyt, naturalmente, non possedeva una copia dell'Inventio[2].

Nicholas era in vita al momento giusto (anche se solo approssimativamente - è probabile che nel 1360 fosse solo un bambino) e aveva le giuste conoscenze, ma era un frate carmelitano, non francescano, e nessun biografo precedente indica che trascorse molti anni a viaggiare avanti e indietro attraverso l'Atlantico per questioni governative. C'è un altro possibile candidato, ma di lui, sfortunatamente, non sappiamo quasi nulla. Secondo uno storico della letteratura degli inizi del XVI secolo, John Bale, un irlandese chiamato Hugh, che era un francescano, viaggiò molto nel XIV secolo, e scrisse di «un certo viaggio in un volume» - ma ancora una volta, indipendentemente dal fatto che si trattasse o meno dell'Inventio, nessuna copia di questo è nota[1]

Influenza sulle mappe[modifica | modifica wikitesto]

È evidente che l'autore dell'Inventio, anche se avesse effettivamente viaggiato nel lontano nord, non ha mai raggiunto il polo nord, che non assomiglia in alcun modo alla descrizione che si trova nel libro. Tuttavia, è probabile che l'autore cercasse solamente di dare una spiegazione alla fonte della potente forza magnetica che sta alla base del funzionamento della bussola.

Il concetto del polo come una montagna magnetica risale almeno ai tempi dei romani, ma l'autore dell'Inventio Fortunata aggiunse altri particolari, dando anche delle misure. Indipendentemente dal fatto che l'Inventio fosse la fonte del concetto medievale del polo nord come una montagna magnetica circondata da un continente circolare diviso da quattro possenti fiumi, alcune mappe, prima fra tutte il globo di Martin Behaim del 1492, raffigurano la regione in questo modo.

Nella Universalior cogniti orbis tabula di Johannes Ruysch, del 1508, è presente una nota a margine che cita l'Inventio Fortunata:

«Nel libro riguardante la scoperta fortunata [Inventio Fortunata] si dice che nel polo artico si trovi un'immensa roccia magnetica, di trentatré miglia tedesche di circonferenza. Un mare burrascoso circonda questa roccia, come se le acque sgorgassero da un vaso attraverso l'imboccatura. Attorno si trovano numerose isole, di cui due sono abitate.»

La mappa di Mercatore del 1595 raffigura il continente artico.

La mappa del mondo di Gerardo Mercatore del 1569 riflette la sua lettura dell'Itinerarium di Cnoyen. Anch'essa presenta una nota a margine che allude alla «scoperta» fatta dal francescano, ma non al libro stesso, che l'autore non aveva mai visto:

«ci siamo basati [per la geografia artica] sull'Itinerarium di Jacobus Cnoyen dell'Aia, che riferisce alcune citazioni tratte dalle gesta di Artù di Bretagna; tuttavia, la parte più consistente e più importante della sua opera la apprese da un certo prete alla corte del re di Norvegia nel 1364. Esso era il quinto discendente di uno di quelli che Artù mandò ad abitare quelle terre, e riferì che nell'anno 1360 un certo frate minore, un inglese di Oxford, un matematico, giunse su quelle isole; e una volta lasciatole, venne spinto più su dalle arti magiche e mappò e misurò tutto con il suo astrolabio, creando una figura praticamente identica a quella qui raffigurata, che noi abbiamo appreso da Jacobus. Egli asseriva che le acque di questi quattro bracci di mare erano trascinate verso l'abisso con tale violenza che nessun vento era abbastanza forte per riportare indietro le navi che vi si erano avventurate.»

La mappa artica inserita nel planisfero di Mercatore del 1569 servì da prototipo per l'influente e ampiamente diffuso Septentrionalium Terrarum del 1595, pubblicato postumo dal figlio, e per le mappe di Ortelio inserite nel suo Theatrum Orbis Terrarum del 1570. Entrambi mostrano la stessa configurazione delle regioni artiche della mappa del 1569.

Nella sua lettera a Dee, Mercatore cita ulteriori descrizioni di Cnoyen delle regioni settentrionali:

«...In mezzo ai quattro paesi vi è un Vortice nel quale si svuotano questi quattro Mari Aspiranti che dividono il Nord. E l'acqua precipita e scende nella terra proprio come se venisse versata attraverso un imbuto filtrante. Si estende per 4 gradi di larghezza su ogni lato del Polo, vale a dire per otto gradi complessivi, tranne che proprio sotto il Polo, dove si trova una roccia nuda proprio in mezzo al Mare. La sua circonferenza è di quasi 33 miglia francesi, ed è tutta di pietra magnetica. Ed è alta come le nuvole, così disse il Prete, che aveva ricevuto l'astrolabio da questo Frate Minore in cambio di un Testamento. E lo stesso Frate Minore aveva sentito dire che si può vedere da ogni parte del Mare, e che è nera e luccicante. E nulla cresce su di essa, perché sulla sua superficie non c'è nemmeno una manciata di terra.»

La persistenza di questa idea della geografia dell'estremo nord persistette per tutto il XVI e XVII secolo, probabilmente a causa dell'influenza di Ruysch, Mercatore e Ortelio. Le mappe furono riviste solamente quando la regione venne effettivamente esplorata e i cartografi appresero la vera geografia dell'Artico.

Più interessanti per i ricercatori moderni sono le persone incontrate dal frate, dei «pigmei» che potrebbero essere identici agli Skraeling di cui parlano i vecchi testi norreni sulla Groenlandia, predecessori dei moderni Inuit.

La lettera di John Day[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1956, nell'Archivo General de Simancas (Spagna), fu rinvenuta una lettera che rimandava all'esistenza del libro, inviata dal mercante inglese John Day a «Il Signore Più Magnifico E Più Degno - Il Signore Grand'Ammiraglio» (presumibilmente Cristoforo Colombo).

Nella lettera, scritta nel dicembre 1497 o nel gennaio 1498, John Day dice

«...Il servitore di Vostra Signoria mi ha portato la tua lettera. Ne ho visto il contenuto e sarei molto desideroso e felice di servirti. Non trovo il libro Inventio Fortunata che pensavo di portarti con le mie cose, e sono molto dispiaciuto di non averlo trovato, perché ci tenevo moltissimo a servirti. Ti sto mandando l'altro libro di Marco Polo e una copia della terra che è stata trovata [da Giovanni Caboto]...[3]»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c E. G. R. Taylor, A Letter Dated 1577 from Mercator to John Dee, in Imago Mundi, vol. 13, n. 1, 1956, pp. 56-68, DOI:10.1080/03085695608592127.
  2. ^ Richard Hakluyt, The Principal Navigations, Voyages, Traffiques and Discoveries.
  3. ^ James A. Williamson, The John Day Letter, in The Cabot Voyages and Bristol Discovery Under Henry VII, Cambridge (Regno Unito), Cambridge University Press, 1962, pp. 212-214. URL consultato il 21 giugno 2018 (archiviato dall'url originale il 12 gennaio 2008).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]