Utente:Antigrafo6/Sandbox

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Casa del Pellegrino[modifica | modifica wikitesto]

La Casa del Pellegrino, come suggerisce il nome stesso, è un edificio che nasce come Xenodochium, cioè un ricovero gratuito per pellegrini e forestieri diretti verso l'Abbazia di San Pietro al Monte. Disposto su due piani e risalente nelle sue forme attuali al XV secolo, presenta due sale affrescate con scene di caccia e d'amore, all'interno di un complesso architettonico provvisto di portico, cortile e saloni. Si trova nel comune di Civate, in Provincia di Lecco, Lombardia in prossimità della Chiesa Parrocchiale dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel Medioevo la presenza di strutture di accoglienza sul territorio di Civate era fondamentale, a causa del grande numero di pellegrini che qui giungevano, attratti dalle prestigiose reliquie conservate nell'Abbazia di San Pietro al Monte e nel monastero di San Calocero. Prima dell'edificazione della Casa del Pellegrino esisteva già a Civate, più precisamente a Scola, un più antico xenodochium, collocato in posizione ideale lungo il cammino verso S. Pietro: anche questa struttura era affiancata da un oratorio ed è significativo notare come l'etimologia della frazione abbia mantenuto il ricordo dell'antica funzione (scola era il termine con cui venivano indicate le Confraternite); sempre riferendosi alla presenza della preesistente struttura di Scola, la Casa del Pellegrino è nota anche come Ca' Nova. Con la costruzione del monastero di San Calocero ed il trasferimento di alcune reliquie, anche il nucleo a valle del paese ebbe necessità di una struttura di accoglienza: venne quindi edificata la Casa del Pellegrino, strategicamente collocata all'ingresso del paese, direttamente affacciata sulla glarea strata percorsa dai viaggiatori.

La prima testimonianza scritta, anche se indiretta, della presenza della casa del Pellegrino sul territorio civatese è fornita dal Liber Notitiae Sanctorum Mediolani di Goffredo da Bussero alla fine del XIII secolo. In esso vengono infatti ricordati a Civate l'Ecclesia S.ti Viti, Modesti et Crescentiae e l'oratorio attiguo. Le prime testimonianze documentarie dirette che attestano l’esistenza dell’edificio risalgono, invece, alla prima metà del Quattrocento, quando in una minuta notarile viene citato l’Ospedale, probabilmente identificabile con l’edificio in questione, situato nel caseggiato appartenente al monastero di Civate. La Casa del Pellegrino in origine era quindi un luogo di ricovero per viandanti e pellegrini che gravitava intorno all'Abbazia di San Pietro al Monte e al monastero di San Calocero.

Verso la fine del XV secolo con la scomparsa dell'ultimo benedettino dal monastero di Civate, la struttura perse gradualmente la sua funzione di ospizio e passò ad una destinazione d'uso privata, di tipo abitativo.

Tra il XVI ed il XVII secolo la casa fu abitata dalla famiglia di Pietro Antonio Canali, legata da antico rapporto ad un'altra importante famiglia del territorio, quella dei Maggi: l'affresco visibile al di sotto del loggiato d'ingresso, recante gli stemmi delle due famiglie, ne darebbe testimonianza.

Nel 1630 il figlio di Pietro Antonio, Marco Canali, dettò il suo testamento a favore della Scola del Santissimo Rosario della Chiesa di San Vito di Civate, che entrò così in possesso della casa, mantenendone la proprietà fino al 1754, data attestata dal Catasto Teresiano.

In seguito, tutti i beni della Scuola confluirono nel Beneficio della Beata Vergine del Rosario venendo assegnati al cappellano nominato: nel 1809 don Pietro Paolo Fantisco, nel 1820 dell'abate Giacinto Longoni (che, nel 1850, scriveva sulla casa colonica “dalle antiche pitture... sulle pareti, dalle finestre a sesto acuto...”). Seguirono altri cappellani, finché nel 1876 la casa divenne di proprietà della famiglia Gavazzi e, in seguito, nel 1889, dei fratelli Dell'Orto, i quali donarono il complesso alla Parrocchia di Civate nel 1942.

Dopo un lungo abbandono, nel 2002 iniziarono i lavori per il recupero e il riuso dell'edificio, terminati nel 2012.

Oggi la Casa del Pellegrino è aperta alle visite ogni domenica grazie all'opera dei volontari dell'Associazione Luce Nascosta.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Struttura[modifica | modifica wikitesto]

La struttura attuale della Casa è il risultato di modifiche e trasformazioni che l'hanno interessata nei secoli della sua storia.

È ancora evidente che essa era stata concepita come una struttura chiusa, costituita da solide murature a racchiudere la corte interna. Quest'ultima accoglie ancora al suo interno il pozzo, che garantiva il costante approvvigionamento d'acqua, ed un'altra struttura, costituita da un vano cilindrico rivestito da elementi in cotto, con probabile funzione di “cantina” per mantenere i cibi al fresco. L'attuale posizione decentrata del pozzo è indizio della riduzione degli spazi della struttura, data dalla muratura che chiude la struttura a ovest: si può pensare che originariamente il pozzo fosse collocato al centro della corte e che dunque la corte fosse grande quasi il doppio di quella attuale.

All'interno dell'architettura della casa è possibile identificare tre nuclei storici: il più antico è il settore settentrionale quattrocentesco, che ospita le camere pictae e la facciata a graticcio; vi è poi il settore orientale, che conserva al suo interno i soffitti lignei originali ed all'esterno presenta la facciata ad archi ogivali, decorazioni in cotto sulle cornici delle finestre ed uno stemma cinquecentesco; infine, il corpo di fabbrica a sud, novecentesco, da cui avviene l'attuale accesso alla casa (l'accesso originario era dalla Via Ca' Nova, ovvero dalla glarea strata).

Al piano terra si accede a diversi ambienti che affacciano sulla corte: un salone, caratterizzato dalla facciata ad archi ogivali recuperati nel recente restauro e, accanto ad esso, due salette messe in comunicazione da una finestrella, anch'essa a sesto acuto. Il settore settentrionale si caratterizza per la presenza di una rara e interessante parete a graticcio con conci di travertino tufaceo, sotto cui si apre il loggiato: sulle pareti di questo spazio sono emerse tracce di decorazione pittorica, in particolare uno stemma, riferibile alle famiglie Maggi e Canali, sul lato occidentale. Sul lato orientale del loggiato si apre l'ambiente della stalla.

Salendo al primo piano, sul lato orientale si incontra un primo ambiente in cui l'ultimo restauro ha rivelato la presenza di diverse tracce decorative: alcuni schizzi realizzati a punta di piombo analoghi a quelli rinvenuti nel refettorio del monastero di San Calocero; una raffigurazione cinquecentesca di S. Agata, realizzata a calce.

La sala successiva presenta raffigurazioni di diverse epoche: due dipinti raffiguranti S. Agata e S. Barbara, cinquecenteschi, e alcune decorazioni floreali settecentesche.

Si giunge all'ingresso delle due superstiti Camere pictae quattrocentesche; la presenza di una terza porta testimonia l'esistenza almeno di un altro ambiente ed è ulteriore indizio dell'originaria maggiore estensione del complesso verso ovest.